La corsa coi lupi

Questo racconto è un viaggio nell’anima che ha come protagoniste le Donne, coloro che riescono a correre coi lupi, che credono in ciò che fanno, che si impegnano per recuperare le dimensioni di quell’istinto perduto, soffocate da schemi, limiti culturali e sociali.
“Quando facciamo valere l’intuito, siamo come una notte stellata: fissiamo il mondo con migliaia di occhi”. La donna ” lupo”, trova in se stessa la forza di volontà, il coraggio e l’energia per cambiare il corso della propria storia individuale. Riscoprire la propria natura e la consapevolezza del proprio essere e l’avvicinarsi alla propria anima, interrogandola. L’essere consapevoli, quindi, rende liberi, ma nello stesso tempo leali prima di tutto con se stesse prima che con gli altri. Infiltriamoci nei territori psichici che un tempo ci appartenevano.
Nel libro Clarissa Pinkola Estès utilizza un metodo attraverso la quale attinge alle favole e ai miti presenti nelle diverse tradizioni culturale per aiutare a scoprire chi siamo veramente, liberare dalle catene un’esistenza complessa e “a correre con il proprio sé” .
Ma paradossalmente queste immagini non le vediamo nel racconto perché le Donne siamo Noi, non solo il genere femminile, deve far riflettere insieme tutti coloro che stanno crescendo e diventeranno il nostro futuro e tutti coloro che sulle proprie spalle hanno un peso del proprio vissuto. “lasciamo orme profonde, poiché ne siamo capaci, capaci di andare oltre le illusioni, abbiamo il potere di perdonare e di creare armonia, le prossime donne seguiranno le nostre tracce”.
Questo racconto si rivolge ad ognuno di noi e ci invita ad addentrarci in terreni metafisici e spirituali che sembrano lontani e inconsistenti. Torniamo a essere ora, le donne selvagge che ululano, ridono, cantano Colei che ci ama tanto. Senza di noi la Donna Selvaggia muore.
Senza la Donna Selvaggia, siamo noi a morire. “Para Vida” tutte dobbiamo vivere! Percorrere un viaggio lontano materialmente ma al tempo stesso molto vicino perché è semplicemente dentro di Noi.

 

La corsa coi lupi

 

Questo racconto è un viaggio nell’anima che ha come protagoniste le Donne, coloro che riescono a correre coi lupi, che credono in ciò che fanno, che si impegnano per recuperare le dimensioni di quell’istinto perduto, soffocate da schemi, limiti culturali e sociali.
“Quando facciamo valere l’intuito, siamo come una notte stellata: fissiamo il mondo con migliaia di occhi”. La donna ” lupo”, trova in se stessa la forza di volontà, il coraggio e l’energia per cambiare il corso della propria storia individuale. Riscoprire la propria natura e la consapevolezza del proprio essere e l’avvicinarsi alla propria anima, interrogandola. L’essere consapevoli, quindi, rende liberi, ma nello stesso tempo leali prima di tutto con se stesse prima che con gli altri. Infiltriamoci nei territori psichici che un tempo ci appartenevano.
Nel libro Clarissa Pinkola Estès utilizza un metodo attraverso la quale attinge alle favole e ai miti presenti nelle diverse tradizioni culturale per aiutare a scoprire chi siamo veramente, liberare dalle catene un’esistenza complessa e “a correre con il proprio sé” .
Ma paradossalmente queste immagini non le vediamo nel racconto perché le Donne siamo Noi, non solo il genere femminile, deve far riflettere insieme tutti coloro che stanno crescendo e diventeranno il nostro futuro e tutti coloro che sulle proprie spalle hanno un peso del proprio vissuto. “lasciamo orme profonde, poiché ne siamo capaci, capaci di andare oltre le illusioni, abbiamo il potere di perdonare e di creare armonia, le prossime donne seguiranno le nostre tracce”.
Questo racconto si rivolge ad ognuno di noi e ci invita ad addentrarci in terreni metafisici e spirituali che sembrano lontani e inconsistenti. Torniamo a essere ora, le donne selvagge che ululano, ridono, cantano Colei che ci ama tanto. Senza di noi la Donna Selvaggia muore.
Senza la Donna Selvaggia, siamo noi a morire. “Para Vida” tutte dobbiamo vivere! Percorrere un viaggio lontano materialmente ma al tempo stesso molto vicino perché è semplicemente dentro di Noi.

 

La distesa presenza delle cose

Questo è il racconto di un viaggio della presenza delle cose che ci circondano.
La gran parte delle teorie sul nostro modo di vivere e teorie sul mondo dipendono da come ci guardiamo intorno, sono fenomeni o interpretazioni?
È allora possibile adottare il proposito di sospendere il senso predeterminato di ciò che si incontra e limitarsi a sentirne la sola presenza?
Vivere attimi e diventare testimoni di incontri.
Il concetto d’identità può diventare incerto e discutibile, come affermava D. Hume: “…noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità in un continuo flusso e movimento…la mente è una specie di teatro, dove le diverse rappresentazioni fanno la loro apparizione, scivolano e si mescolano con un’infinità di varietà di atteggiamenti e di situazioni…”. Ci riconosciamo come “noi stessi” nella misura in cui non siamo “altri”, ma senza un mondo di “altri” , non potremmo neppure riconoscerci…L’uomo non entra mai in scena, ne resta solo un vago ricordo, è nella sua assenza che se ne percepisce una presenza passata. Sempre più attuale è la necessità di recuperare dal profondo quel senso di appartenenza e sentirsi nel mondo, che parte da una lettura profonda del proprio essere e decidere insieme di costruire e non distruggere.

Tempo sospeso

Questo è il racconto di un viaggio nel tempo sospeso. Osserviamo un insieme di elementi: una croce che emana luce, una corda che nella sua imperfezione ed incertezza ma anche nella sua geniale irregolarità ci ispira l’umano (è disegnata con la tecnica del pirografo, uno strumento che attraverso una punta calda ad alta temperatura brucia la superficie, solcando e lasciando delle tracce nette).
L’attenzione si concentra sul senso della sua forma, il nodo coesiste con tratti luminosi dando la sensazione di un alternarsi di situazioni contorte con altre di chiara sacralità.
Le figure del teschio e delle sfere compiono un ruolo accessorio, un cenno alla narrazione mitica e alla narrazione scientifica. Le tre sfere sono metafore del tempo: quella di sinistra è opaca, rappresenta il passato poiché ha assorbito la luce e le ombre trascorse, quella centrale riflette, dobbiamo immaginarcela come uno specchio ed è il presente, mentre quella di destra rivela una realtà indefinita ancora incognita in quanto è il futuro. (riferimento non casuale a M.C. Escher).
A questo punto dobbiamo volgere lo sguardo nella sua interezza. Allora forse si percepisce una visione che non ha confini né di spazio né di tempo. L’elemento sovrastante è sempre l’umano nel suo proprio senso di verità: la percezione di una realtà interiore …ma più in là una catena è prigioniera del suolo e Noi stiamo ad osservare.

Fughe mentali

Questo è il racconto di un viaggio che si incontra quotidianamente dove, non percepito, il momento in divenire si dissolve e va perduto. E insieme a esso se ne va una piccola possibilità di avvertire la profondità dell’esistenza. Non dobbiamo affermare nessun fatto, ma superare la barriera che ci divide da ciò che abbiamo guardato e ottenere un certo tipo di “vuoto”, sfuggire dalle trappole della realtà senza perdere il legame con il reale. Perché le immagini non sono invenzioni ma incontri.
Usando le parole di Godard “C’est ne pas une image juste, c’est juste une image” l’immagine giusta non esiste.
Esiste il tuo punto di vista, la tua posizione, la tua percezione della realtà e il tuo costruire la realtà.

“Un tempo gli uomini
avevano un cielo fatto
di vasti tesori
di pensamenti
e di immagini
il significato
di tutto ciò che è
stava nel filo di luce che
tutto al cielo
teneva attaccato
ora sembra
che ci sia bisogno
del contrario
sembra che il senso
sia talmente abbarbicato ai valori
terreni
da rendersi necessario
altrettanta violenza a sollevarlo.” (S. Beckett, L’innominabile)

La vera storia di un Impermeabile Giallo

Questa è la storia vera di un Impermeabile Giallo che incomincia il suo viaggio a Monaco nel 1972 ma presto lascerà il suo Paese per intraprendere un lungo cammino a fianco di un Amico che lo porterà in giro per il mondo. Un giorno arrivati insieme in Thailandia, salirono su un piccolo pullman che li avrebbe portati in giro alla scoperta di strade ignote, villaggi brulicanti, templi e foreste; ma era così affollato che l’Impermeabile Giallo fu sistemato tra borse e valigie sul tetto del veicolo e dopo un lungo tragitto fermati per una delle tante destinazione il pullman ripartì e con sé anche l’Impermeabile.
“Come farò mai a ritrovarlo?” disse l’Amico che distrattamente aveva dimenticato l’Impermeabile Giallo sopra al pullman, “il paese è grande, chissà quali strade percorrerà, non lo rivedrò mai più!” così con sconforto e rassegnazione continuò il viaggio. Inesorabilmente passarono le giornate, il sole si alternava alle piogge e la mancanza dell’Impermeabile Giallo si faceva più forte ogni giorno ma anche la consapevolezza di averlo definitivamente perduto, fino a quando un giorno, mancava davvero poco al ritorno a casa, improvvisamente compare – come per magia – il pullman con ancora sistemato sul tetto l’Impermeabile Giallo, Lui non si era mai mosso da lì!
Con un balzo fulmineo l’Amico salì sul pullman e riabbracciò l’Impermeabile Giallo “Chissà quanti panorami avrai visto! Quanta gente avrai incontrato! Non gli pareva vero di averlo ritrovato e insieme felici, ritornarono a casa. Da allora ancora altri viaggi avrebbero condiviso per poi essere riposto fino a ieri in un armadio, il tempo lo aveva indurito e trasformato in una scultura così che l’Impermeabile Giallo diventò protagonista di questa storia vera.
Questo racconto fa riflettere su tutto quello che pensiamo di aver perduto, un ricordo, un’emozione… ma non è così, non andrà mai perso qualcosa che realmente è stato vicino e dentro di Noi.
Alcune volte, parti che animano la nostra natura ci appaiono distanti e così ci perdiamo nel rincorrerle dentro un silenzio senza suono, fino a quando senza fiato ci rendiamo conto del nostro essere-soli. Altre volte invece, le sentiamo così forti e tanto vicine da non riuscire a decifrarle e quel groviglio diventa vortice e un senso di vertigine ci lascia senza via d’uscita. Di rado troviamo il luogo dove le nostre voci diventano una sola voce e noi un solo luogo, ma quando questo accade il nostro essere-soli ci appare colmo di sé”.

Le voci di dentro

Ognuno di noi sente le voci. In molti casi, il nostro pensiero è una sorta di conversazione che riempie la mente di tanti linguaggi: le voci della ragione, della memoria, della creatività, il dialogo interiore che ci aiuta a prendere decisioni difficili o a risolvere problemi complessi. Ma questo racconto è in un viaggio che cita il titolo di un’opera di Eduardo De Filippo ne La commedia “Le voci di dentro” fa parte insieme a “ Questi fantasmi” del teatro fantastico e assurdo attraverso cui è possibile interrogarsi sul confine sottile tra il sogno e l’illusione. La riflessione si blocca a questa affermazione: “Parlare è inutile, perché il mondo ha smesso di ascoltare”. Tra le più belle e significative commedie di Eduardo; emerge lo specchio di una vita torbida come torbidi sono i sogni dell’uomo. Una sconcertante e desolante commedia in cui crollano l’amore e la certezza, perché ai suoi uomini “le voci di dentro” non parlano più.
Proprio quelle voci della coscienza che gli hanno parlato per una vita intera. Forse l’insegnamento che lascia lo spaccato teatrale è proprio questo, che l’umanità non è del tuttop erduta, ma per ritrovarsi occorre ricominciare ad ascoltare quelle voci di dentro ormai assopite. Solo così l’uomo potrà avere ancora sogni limpidi, questo è il significato morale e poetico di questa commedia.
Questo viaggio non riesce a portare la profonda riflessione appena descritta ma realizza attraverso dei frammenti quelle voci che si tramutano in immagini di silenzio che lasciano all’interpretazione di chi le guarda.
La necessità di possedere il passato consente certamente di poter fare un esame della realtà con gli strumenti che abbiamo a disposizione per gestire non tanto il presente, ma il futuro. I ricordi appartengono alla grande funzione psichica della memoria, ma è anche vero che selezioniamo ciò che vogliamo o non vogliamo ricordare o memorizzare.
Le tracce della memoria, proprio come le tracce di qualcuno che è passato sulla neve, possono essere sovrapposte da nuove tracce ed in parte confuse oppure col tempo perdono definizione e cadono nell’oblio.

Taccuino di viaggio

Il viaggio per le terre mongole si compone da una serie di punti di vista che sono stati suggestionati e stimolati dalla visione del film documentario di Marco Preti “Viaggio in
Mongolia”. Davanti allo schermo del computer, virtualmente, mi sono proiettata in quel vasto territorio come se fossi stata anche io un viaggiatore!
Preso il mio taccuino ho avuto l’irrefrenabile necessità di fissare i colori: dalle calde e brune distese di sabbia alle suggestive campagne dai verdi brillanti, dai riflessi dorati dei tramonti sulle acque placide dei laghi, allo skyline della capitale color ardesia che si fonde con il resto come se fosse un unico elemento. L’ incontro con l’ esploratrice a cavallo Paola Giacomino mi ha portata ad ammirarla per il suo spirito di esploratrice e per l’amore ed il rispetto per quello che fa. Mi ha colpita notevolmente per il messaggio di pace che ha custodito e consegnato, ci ha raccontato l’importanza del valore simbolico che l’ha accompagnata lungo il viaggio, “un’ idea da proteggere e accudire”.
Ho inserito nella composizione sul lato destro del mio lavoro una grande freccia, questo perché suggerisse tale messaggio e che svanisse quello di guerra e dolore. L’ ho inserita come una trave che sostiene, sorregge e si mimetizza tra i paesaggi e i colori della terra. Ho anche inserito un cerchio in legno che simbolicamente rappresentasse un altro importante tassello della cultura mongola: la tradizionale abitazione, la “ger” e il modo di vivere la propria esistenza circolarmente.
Il mio lavoro presto ha preso forma assemblando ogni “foglio” di un immaginario taccuino con l’ intento verso chi ha la possibilità di avvicinarsi a scorgere nell’ insieme, in un unico sguardo la molteplicità delle terre mongole, comprese piccole figure che con difficoltà si distinguono tra figure umane e quelle animali, questo per sottolineare il rapporto simbiotico e di convivenza. Come racconta Paola Giacomino “avevo con me i fogli dei posti dove sarei andata e sono sempre stati talmente precisi da poter inventare qualsiasi fuoripista senza perdere l’orientamento” .
Ho cercato di realizzare a modo mio una grande cartina geografica (seguendo le varie zone secondo la realtà) con un fine ben preciso quello di fare riflettere su quanto sia fondamentale la Terra e rispettarla, conoscerla per la sua molteplicità, stiamo perdendo con il tempo e le abitudini la curiosità e l’esplorazione di realtà a noi sconosciute, ogni giorno ancorati ai nostri Smartphone siamo convinti che non vivremo mai più il rischio di perdere la strada o di smarrirci.
Dobbiamo riprendere e riappropriarci della voglia di scoprire e indagare, sfogliare le mappe di terre lontane ed esplorare con l’immaginazione e non solo ma soprattutto assorbire, assimilare, recepire i differenti colori della nostra Terra e del nostro Cielo.

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: